Nella notte, a nostra insaputa, migliaia di aziende da tutto il mondo penetrano i nostri dispositivi smart per mungere dati. È il nuovo modello economico che si sta radicando e sarà sempre più difficile da contrastare.
Geoffrey Fowler, giornalista di “The Washington Post”, ha commissionato di recente alla società Disconnect, specializzata nella tutela della privacy, una ricerca sulle attività invisibili del proprio iPhone.
Ok, era prevedibile, ma la ricerca ha dimostrato quanto sia ampia e frenetica l’attività di uno smartphone apparentemente inattivo, soprattutto nelle ore notturne, volta alla trasmissione di dati su richiesta di servizi di tracciamento.
Informazioni di tutti i tipi vengono inviate costantemente a molte società in tutto il mondo: nome del dispositivo, modello, codici identificativi, indirizzo IP, dimensione della memoria, dati di movimento dell’accelerometro, contenuti, dati del proprietario, numero di telefono, indirizzo e-mail, geolocalizzazione e contatti. In una settimana Disconnect ha rilevato ben 5.400 servizi di trackers intenti ad approvvigionarsi dallo smartphone di Fowler. Una quantità di dati pari a 1,5 di gigabyte trasmessi nell’arco di un mese.
Insomma, lo sapevamo già, ma questa è un’ulteriore conferma di quanto sia attiva questa economia basata sui dati, finalizzata al marketing e ad analisi predittive, ma sospettata di essere usata anche per altri fini (l’esempio di Cambridge Analytica con Facebook è stato eclatante, e non ci sono dubbi che accadrà nuovamente).
Nessuna privacy quindi, assenza di trasparenza e di informazioni su chi preleva questi dati e sul loro utilizzo. Da rilevare inoltre che la ricerca è stata condotta su un iPhone che viene promosso da Apple come molto più sicuro e rispettoso di altri sistemi (un recente slogan recita: “Quello che succede sul tuo iPhone resta sul tuo iPhone”).
Questo non è che l’inizio. Oltre ai telefoni si stanno sempre più diffondendo orologi, tv e automobili smart, oltre agli assistenti vocali tipo Alexa. Ma con il proliferare dell’Internet delle cose, grazie anche alla connettività 5G ormai alle porte, non può che andare sempre peggio. E più i nostri dati prenderanno il volo, più sarà difficile arginare queste pratiche. Purtroppo si tratta del nuovo modello economico che si sta radicando e sarà sempre più difficile da contrastare.
Cosa possiamo fare?
Sarà sicuramente utile elevare il livello di consapevolezza e accrescere il bagaglio di conoscenze tecniche per arginare i danni con il buon senso o con accorgimenti e tecnologie consigliate da società come Disconnect e più in generale dal mondo dell’hacktivism. Ma è sempre più urgente che il tema dei diritti digitali “conquisti” i primi posti dell’agenda politica.
Per questo la crescita a livello mondiale di un movimento come quello Pirata è un’ottima possibilità.